Finito il Festival di Sanremo, finite le Fashion Week di Milano e Parigi on line, tra social e media gli occhi sono pieni di moda spettacolare che si contamina tra palcoscenico e passerelle virtuali. Quello che è certo è che la pandemia non ha messo limiti alla fantasia.
Fluidità sessuale, mutanti di ogni genere, ritorni al futuro, omaggi al passato, mixologie, nudità spettacolari, costumi teatrali, castigati tailor-suit bianchi per le donne ma smoking con jais per gli uomini, minimalismi ed eccessi: il lessico della moda delle ultime digital-sfilate italiane si rilegge in versione estrema sulla passerella del Festival di Sanremo appena terminato. Dove non mancavano le creazioni con griffe altisonanti. A partire dalle tute effetto nudo ricamate di cristalli Swarosky di Etro per i rock-vincitori Maneskin...
Dopo la prima Digital Fashion Week appena conclusa, la sensazione è che il Covid abbia fatto un’altra vittima: il fashion system. E tutto quello che ne consegue. Riflessione a sangue freddo su una manifestazione riuscita a metà e su come far tornare la moda di moda.
Ho assistito con molto struggimento alla inesistente ultima Milan Fashion Week di giugno, traslata a luglio, trascorsa tra tentativi virtuali, richiami sul web, megaschermi nella città deserta, presentazioni digitalizzate, il “desaparecido” White, la fiera più brillante, con i suoi esperimenti di Street Market e i suoi appelli all’ecomoda e alla Fashion Revolution e le sue innovative proposte di moda uomo. Vuota la zona Tortona, sempre brulicante di sfilate, eventi, show-room bollenti, ristorantini pieni di creativi, per la desolazione di abitanti e frequentatori. E ovviamente il resto della città...