Dopo la prima Digital Fashion Week appena conclusa, la sensazione è che il Covid abbia fatto un’altra vittima: il fashion system. E tutto quello che ne consegue. Riflessione a sangue freddo su una manifestazione riuscita a metà e su come far tornare la moda di moda.
Ho assistito con molto struggimento alla inesistente ultima Milan Fashion Week di giugno, traslata a luglio, trascorsa tra tentativi virtuali, richiami sul web, megaschermi nella città deserta, presentazioni digitalizzate, il “desaparecido” White, la fiera più brillante, con i suoi esperimenti di Street Market e i suoi appelli all’ecomoda e alla Fashion Revolution e le sue innovative proposte di moda uomo. Vuota la zona Tortona, sempre brulicante di sfilate, eventi, show-room bollenti, ristorantini pieni di creativi, per la desolazione di abitanti e frequentatori. E ovviamente il resto della città...
Armani, Prada, Versace, Gucci, Dolce&Gabbana, Trussardi, Moncler, Zegna, Benetton… e molti molti altri. Sono i big della moda che incontriamo tutti i giorni al Superstudio 13, i nostri studi fotografici dove realizzano i loro blindatissimi shooting. Per una volta tutti uniti in un gesto generoso che contribuisca ad aiutare l’Italia nel terribile frangente del coronavirus. King Giorgio è stato il primo con una donazione milionaria che ha indicato la strada ad altri brand e anche tra i primi a riconvertire tutte le sue aziende per produrre camici e presidi sanitari mentre Prada ha donato due postazioni complete di terapia intensiva e rianimazione a ciascuno degli ospedali milanesi Vittore Buzzi, Sacco e San Raffaele.
Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana ha attivato tutti gli iscritti a versare contributi ...