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04/09/2025 | EDITORIALE

LA PRIMA VOLTA DI GIORGIO ARMANI

Di: Gisella Borioli

Due testimonianze di chi lo conosceva bene. Giorgio Armani ha iniziato la sua carriera di stilista verso la fine degli anni 60 come assistente di Nino Cerruti ed ha fondato la sua linea nel 1975 con l'aiuto dell'art director Flavio Lucchini che l'ha lanciato sulla sua influente testata L'Uomo Vogue. Gisella Borioli era a sua volta assistente di Flavio Lucchini ed ha seguito i primi passi di Giorgio nel mondo della moda maschile e femminile realizzando con lui i primi servizi fotografici e le prime interviste. 

Tre amici le cui vite si sono spesso intrecciate, perfino quando Armani ha scelto via Bergognone per installarvi il suo Teatro e il suo Museo, proprio nell'area in mezzo al Superstudio 13 e al Superstudio Più. Nelle loro autobiografie Flavio e Gisella così ricordano come il giovane Armani è diventato Re.

L’INIZIO E' NATO DA UN LITIGIO
Quando ho conosciuto Giorgio Armani lui era un dipendente del Lanificio Fratelli Cerruti. La Hitman, il nuovo stabilimento progettato dall’architetto Vico Magistretti alle porte di Milano, oltre agli abiti firmati Nino Cerruti produceva anche una sua linea. A capo della Hitman c’era Pinotto Marelli. Il giovane Giorgio Armani dopo l’esperienza come buyer in Rinascente, dimostrando subito il suo talento, si occupava per Cerruti e Hitman delle linee uomo, delle scarpe realizzate dai Fratelli Rossetti a Parabiago per loro, dei tessuti e tutto il resto. Le sfilate di queste collezioni erano le più attese e quelle che segnavano le vere novità nella moda maschile. Tutti sapevano chi c’era dietro Hitman e quanto era bravo.
Quando il rapporto di Armani con Pinotto Marelli e con Nino Cerruti andò in crisi Giorgio e Sergio Galeotti, il suo compagno e poi socio, vennero da me a Vogue per dirmi che non ne potevano più della Hitman e per chiedermi un consiglio. La situazione mi era nota. C’era solo una via d’uscita: suggerii che visto quanto era conosciuto e apprezzato dagli addetti, era forse giunto il momento per Giorgio di mettersi da solo, col suo nome. Sergio fu subito entusiasta dell’idea, Giorgio più titubante.
Preoccupati mi dissero: 
— Ma dove prendiamo i soldi? 
Io, tranquillizzandoli di rimando: 
— Non servono adesso. Giorgio tu fai sei pagine di pubblicità senza immagini su L’Uomo Vogue annunciando che in febbraio uscirai a Milano con la tua linea Uomo. 
— Ma per pagare le sei pagine? 
— Non c’è problema. Io e Fontanesi ti facciamo credito. Pagherai quando potrai. 
— Ma non ho il marchio! 
— Ci penso io. 
Seduta stante, con il Bodoni, carattere originale di Vogue, gli composi a mano il logo Giorgio Armani che ancora oggi usa. 
— Ma non ho la collezione. 
— Non importa. Disegnala, e poi la produrrai. 
— E per i tessuti? 
— Con l’annuncio delle sei pagine de L’Uomo Vogue i tessutai faranno la fila per darteli. 
Era l’ottobre del 1974. L’Uomo Vogue uscì con le sei pagine di pubblicità che annunciavano la nuova griffe e un redazionale illustrato con i disegni appositamente fatti da Armani e una presentazione di Gisella. Giorgio si mise subito all’opera sulla vera collezione. A febbraio la prima presentazione della linea che portava il suo nome ebbe luogo in corso Venezia, e fu un grande successo. L’uomo nuovo e destrutturato che aveva proposto scompigliava tutte le regole, restando elegante. Era quello che la gente aspettava. Conoscendo il valore eccezionale di Giorgio come uomo e come stilista non avevo dubbi sull’esito dell’impresa. Poco tempo dopo arrivò anche la collezione femminile, un altro successo. La sua passione per la moda l’ha portato a vertici imprevedibili. Anche per me. (da IL DESTINO, di Flavio Lucchini)

50 ANNI DI SUCCESSI
Giorgio Armani non era ancora nessuno.  Quando lo incontrai per la prima volta, mi ero recata alla Hitman, nota azienda di abbigliamento maschile che produceva gli abiti di Nino Cerruti e altre linee minori, per scegliere i capi per un servizio di moda. 
Giorgio era giovane, educato, carino, con un curioso piccolo naso all’insù, che invidiavo. Ma era solo un assistente. Braccio destro a Milano di Nino Cerruti, trapiantato a Parigi, e di Pinotto Marelli, suo compagno di università e ora Amministratore Delegato della Hitman la società che produceva gli abiti Hitman e Nino Cerruti.
Ne dicevano un gran bene. Ma non potevano immaginare quanto. 
Flavio sì, l’aveva capito subito che quel ragazzo di Piacenza, medico mancato, ex vetrinista de la Rinascente, era fatto di pasta speciale. 
Ancora di più ci credeva Sergio Galeotti, grande amico di Giorgio, cranio rasato e baffetto infingardo, sanguigno e istintivo, compagno di vita e di avventure, che lo voleva spronare a volare con le proprie ali. Sergio ne era certo, Giorgio sembrava titubare. Dopo un litigio con Nino chiesero appuntamento a Lucchini. Sergio sentiva che per Giorgio era arrivato il momento di decollare da solo.
Ai due, Flavio, art director della più autorevole rivista di moda maschile, offrì il suo aiuto. La Giorgio Armani era pronta per esistere. La prima cosa necessaria era avere un logo riconoscibile che assommasse nel lettering tutte le qualità e le caratteristiche del prodotto. 
- “Te lo faccio io adesso” - e Flavio stesso compose la sera stessa in Bodoni, cioè con gli eleganti caratteri di Vogue, lettera dopo lettera, il marchio Giorgio Armani come tutti, ancor oggi, lo conosciamo. 
Gli propose, gli “vendette” e gli organizzò un “groupage” di pagine pubblicitarie illustrate con il solo marchio e, in ogni facciata, l’annuncio del prodotto che Giorgio avrebbe disegnato: Giorgio Armani abiti, Giorgio Armani cravatte, Giorgio Armani camicie, Giorgio Armani accessori. Una campagna di sei doppie pagine da pubblicare sul prossimo numero di L’Uomo Vogue, a pagare ci avrebbero pensato poi... 
Mi chiamò. Ora mancava la parte redazionale. Toccava a me. 
Dovevo scrivere sulla sua vocazione e sulla nuova linea - che fosse inesistente era solo un dettaglio - Giorgio Armani. E che lo facessi bene! Quattro pagine piene, illustrate con i suoi schizzi. 
La prima sfilata di moda maschile Giorgio Armani fu a Milano, e fu uno choc. Si aggiungeva a quelle più classiche, Brioni, Piattelli, Palazzi, sarti notissimi di casa a Roma e che nella capitale sfilavano così come succedeva per l’Alta Moda italiana. Messa frettolosamente insieme da Giorgio con la complicità dell’amico Galeotti, alla presenza dei pochi giornalisti di moda del tempo, ne rivelò subito la capacità di fiutare dove andava il vento, di cogliere i cambiamenti di costume. 
Nelle salette di Corso Venezia un uomo nuovo camminava in scioltezza. Indossava giacche da cui erano state tolte le rigidezze; via fodere, imbottiture, refe e altri dettagli di maestria dei sarti da uomo, che rendevano la giacca una corazza capace di nascondere ogni difetto della figura. Quello proposto da Armani era invece un giovane manager al naturale, che osava una nuova libertà, che dava un senso di freschezza e di felicità. Il successo arrivò subito, fragoroso, inarrestabile. Il fenomeno era nato. (da GISELLA. VOLEVO ESSERE FELICE. di Gisella Borioli)

Giorgio Armani giovane, modello per L’Uomo Vogue.
Gisella Borioli con Giorgio Armani al lavoro sul concorso per la rivista Lei.
Giorgio Armani e Nino Cerruti.
Flavio Lucchini, Giorgio Armani e Gisella Borioli.

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