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04/06/2020 | DESIGN, PEOPLE
L’INTERVISTA DEL GIOVEDI’

ILARIA MARELLI. PROGETTI PER STARE BENE

Di: Gisella Borioli

Il suo primo approccio col design è stato da neolaureata alla inaugurazione del Design al Superstudio proprio a fianco di Giulio Cappellini, che ne aveva intuito il talento. Passo dopo passo Ilaria Marelli si è inserita tra i designer contemporanei affermati mantenendo il suo approccio fresco e curioso a tutte le esperienze che questo comporta, dal progetto dell’oggetto alle installazioni all’art direction, sfiorando anche la moda.

Nel tuo iniziale contatto con Superstudio Design eri insieme a Cappellini per la prima esposizione. Cosa ricordi di quella esperienza?
Mi ricordo perfettamente di quando venimmo a vedere lo spazio – io ero super adrenalinica, mi sembrava una sfida emozionante, molti colleghi invece dicevano “Giulio è matto, come si fa adesso a due mesi dal Salone a rimettere in gioco tutto quanto preparato! ”… beh aveva ragione lui! Fiumi di persone in una zona fino ad allora sconosciuta ai più, un allestimento di grande respiro e… c’erano anche i miei primi prodotti! Mi ricordo la foto per la stampa insieme a Morrison, Wanders e i Bouroullec, quasi fossimo designer “alla pari”, mentre io ero una giovane neolaureata al primo approccio al design… mi emoziono ancora al pensiero!...

Il suo primo approccio col design è stato da neolaureata alla inaugurazione del Design al Superstudio proprio a fianco di Giulio Cappellini, che ne aveva intuito il talento. Passo dopo passo Ilaria Marelli si è inserita tra i designer contemporanei affermati mantenendo il suo approccio fresco e curioso a tutte le esperienze che questo comporta, dal progetto dell’oggetto alle installazioni all’art direction, sfiorando anche la moda.

Nel tuo iniziale contatto con Superstudio Design eri insieme a Cappellini per la prima esposizione. Cosa ricordi di quella esperienza?
Mi ricordo perfettamente di quando venimmo a vedere lo spazio – io ero super adrenalinica, mi sembrava una sfida emozionante, molti colleghi invece dicevano “Giulio è matto, come si fa adesso a due mesi dal Salone a rimettere in gioco tutto quanto preparato! ”… beh aveva ragione lui! Fiumi di persone in una zona fino ad allora sconosciuta ai più, un allestimento di grande respiro e… c’erano anche i miei primi prodotti! Mi ricordo la foto per la stampa insieme a Morrison, Wanders e i Bouroullec, quasi fossimo designer “alla pari”, mentre io ero una giovane neolaureata al primo approccio al design… mi emoziono ancora al pensiero!

Da giovane designer emergente a professionista affermata e ricercata. Quale è stata la tappa decisiva?
Non c’è una vera “data di svolta”, ma tanti pezzi messi uno dopo l’altro: l’esperienza in azienda con Cappellini in parallelo a quella con Ezio Manzini in università, i primi riconoscimenti con le lampade per Nemo, e quelli per i progetti di cohousing, i negozi in Giappone, la direzione artistica di Tivoli Audio, di Orizzonti e quella per gli allestimenti di diverse sezioni di Pitti moda, senza dimenticare anche qualche delusione e porta in faccia … ogni esperienza mi ha portato un bagaglio di competenze e un arricchimento importante nel costruire il mio percorso, fatto di ascolto e curiosità.

Ci sono molte architette e designer donne, ma sembrano ancora una minoranza rispetto ai “colleghi” noti. Perché?
In realtà la generazione più giovane mi sembra percentualmente più “al femminile” che al maschile e ne sono contenta!  Quando ho iniziato non era così, ricordo che alle fiere spesso mi chiedevano “ma lei è l’assistente di?” quasi fosse impossibile che a trent’anni io fossi titolare di uno studio in proprio. Uno dei problemi principali penso risieda nel fatto che tutta la filiera decisionale del design (imprenditori, direttori commerciali, agenti, responsabili del punto vendita) è una filiera in gran parte al maschile, anche se – diciamolo – l’utente finale è sempre stato percentualmente al maschile… qualcuno deve essersene accorto!

La tua installazione per Tivoli è del 2009 Quale idea alla base? La rifaresti così oggi? 
Il tema era la presentazione di un innovativo sistema audio internet WIFI, in grado di collegarsi alle stazioni di tutto il mondo. Da qui la mia idea di costruire una grande “Torre di Babele” per esemplificare in maniera emozionale la capacità di comunicare in qualsiasi lingua del pianeta!  Una grande spirale alta 5 metri, la cui superficie era costituita da circa 900 radio “Model One” con funzione strutturale e dai modelli nuovi come finestre illuminate su una nuova possibilità di comunicazione e di ascolto. Oggi farei sicuramente un progetto diverso perché lo legherei a quelle che oggi nell’audio sono le nuove tecnologie di comando vocale, in grado di creare oggetti che dialogano con te.

Che cosa rende una installazione indimenticabile? 
Il saper coinvolgere e emozionare, la chiave è tutta qui.

La recente emergenza sanitaria ha cambiato qualcosa nel tuo modo di avvicinarti al progetto? 
In realtà ha solo liberato delle energie che già c’erano, ma spesso restavano soffocate da ritmi un po’ bulimici di consegne, scadenze, eventi, presentazioni. Paradossalmente questo virus che toglie il respiro, mi ha dato più respiro nell’affrontare i progetti.

Architetti e designer avranno una nuova responsabilità nel ridisegnare il mondo? 
Io penso che avremo responsabilità solo se in team con altri professionisti di qualità: in un mondo così complesso nessuno di noi ha in mano tutta la soluzione, io posso mettere un contributo di visione laterale, di stimolo strategico, ma servono capacità organizzative e gestionali, savoir faire esecutivo, di comunicazione, e questo lo si fa solo collaborando, ascoltando, confrontandosi.

Dopo il design radicale, il post-modern, il minimalismo, il pop-design, il tecno-design, il design eclettico e tutte le declinazioni, sarà il new-normal la prossima spiaggia del design? 
E’ una situazione talmente nuova, che vedo che le mie stesse emozioni mutano nel giro di pochi giorni. In “fase 1” pensavo che ne saremmo usciti più concreti e con una semplicità ecofriendly, ma in “fase 2” mi sono accorta che certo rivolevamo le cose “buone” di prima, il caffè al bar piuttosto che la pizza con gli amici, ma c’era anche un grande desiderio di sognare e di emozionarsi in maniera totalizzante: ci è venuta voglia delle prime sfilate di Galliano, degli eventi Cappellini a Superstudio, dei sorpassi all’ultima curva del gran premio, o del concerto oceanico all’aeroporto di Linate. Forse non ci saranno le vie di mezzo: un “new normal” alternato a un“new extraordinary”.

Il tuo prossimo progetto? 
Adesso che ho ritrovato “il respiro”, vorrei continuare a lavorare su progetti più ampi, strategici, corali, che facciano bene alle aziende e facciano stare bene gli utenti finali. Cercando di mantenere la giusta distanza dalle incombenze della quotidianità per non perdere una prospettiva più aperta.

"Babel tower", Tivoli, Temporary Museum for New Design 2009
"Babel tower", installation for Tivoli, Temporary Museum for New Design 2009
"Branch" collection for Coro, Temporary Museum for New Design 2009
"Branch" collection for Coro, Temporary Museum for New Design 2009

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