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30/03/2022 | ARTE

UN ALTRO CHAGALL

Di: Silvia Zanni

A due passi da Superstudio Più, al Museo delle Culture, dopo Mondrian arriva Marc Chagall. Una storia di due mondi, curata dall’Israel Museum di Gerusalemme, che ha prestato più di 100 opere. In mostra “un altro Chagall”, non solo l’artista della serie degli innamorati: si scopre invece l’illustratore, il Marc della sua Vitebsk e delle memorie famigliari, in un intreccio di affetti ed ebraismo. In contemporanea c’è anche il mitico Henri-Cartier Bresson.

Veramente una bella mostra e imperdibile. Questa volta il Mudec mette in scena uno Chagall privato, che ci porta con sé nella Vitebsk (oggi città della Bielorussia) del suo tempo con le carrozze che volano sui ciottoli e le donne dalle ampie gonne che roteano i loro ombrellini. Ci mostra la sua casa, una capanna storta, così misera e fatiscente che sembra stare per accartocciarsi su se stessa, e il negozio di gioielli del padre della compagna Bella Rosenfeld. Ci porta al loro primo incontro, dove già li risucchia un turbinio di linee sinuose e curve, dove già le forme si attorcigliano, i contorni sfumano e si sovrappongono. Lei lo osserva dipingere: “ti sei gettato sulla tela con una tale enegia da farla tremare sul cavaletto. Intingevi i pennelli nel colore così rapidamente che rosso e blu, nero e bianco schizzavano nell’aria, trascinandomi via con essi. Improvvisamente mi parve che stessi prendendo il volo […] Tornerai domani? Dipingerò un altro quadro e voleremo via.  
  In una retrospettiva che include anche decine di pezzi della liturgia ebraica, questi sono il simbolo della terra e dei riti della comunità religiosa, delle tradizioni e delle feste. Chagall ci conduce nelle scene di vita familiare, nella casa della nonna, in un mondo antico e ironico al contempo, aneddotico, in cui il nonno scompare durante un pranzo di famiglia, nascondendosi sul tetto a mangiare tzimmes, dolce tipico della tradizione culinaria ashkenazita. Ma c’è anche l’angoscia dei pogrom, come nell’illustrazione del 1940: nel raffigurarli Chagall colma il vuoto iconografico, la mancanza nell’ebraismo di una tradizione visuale. Lo fa anche nelle illustrazioni della Bibbia, una delle sue passioni accanto a quella per la letteratura russa e francese. Quando l’editore Ambroise Vollard gli affida l’incarico delle acqueforti delle Anime Morte nel 1923, Chagall accetta. Ne risultano tavole di accompagnamento, senza colori, della più importante commedia della Russia del XIX secolo. Divertenti e coloratissime sono invece le gouache delle favole di La Fontaine, che seguono a Gogol: storie a colori di animali parlanti.
  “Nonostante tutti i problemi del nostro mondo, nel mio cuore non ho mai rinunciato all’amore nel quale sono stato cresciuto […]” sotto a questo cappello dall’autobiografia di Marc Chagall si svolge l’ultima sezione. Un quadro in particolare ci colpisce. Si chiama Gli innamorati: in una chioma di fiori rossi che nascono da un vaso di rame sono imbozzolati due innamorati, intorno a loro fluttuano il villaggio di Vitebsk, il gallo rosso, simbolo ricorrente del passaggio tra la notte e il giorno, il violino, strumento del divino, e la cavalla. Un angelo infine si muove verso i due, un magnifico segno di speranza.

Chiude la mostra l’installazione multimediale di fiori lavorati a tombolo e a fuselli di Cantù, che man mano si tingono dei colori vitali della tavolozza dell’ultimo Chagall.

Parete multimediale (Crediti: Carlotta Coppo)
Prima sala della mostra dove gli arredi liturgici si alternano a disegni e dipinti della città natale e della famiglia di Marc Chagall (Crediti: Carlotta Coppo)
Seconda sezione della mostra dedicata ai luoghi di Marc e Bella (Crediti: Carlotta Coppo)
Marc Chagall, Bella e Ida, c. 1917 © Archives Marc et Ida Chagall, Paris

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