Ci sentiamo di consigliare la mostra Piet Mondrian. Dalla figurazione all’astrazione (visitabile fino al 27.03-2022 al Mudec di Via Tortona, proprio a due passi da Superstudio Più) non solo per l’irripetibilità dell’occasione – sono solo cinque le opere presenti ad oggi nelle collezioni italiane, la maggior parte di quelle in mostra invece proviene dal Kunstmuseum Den Haag dell’Aia – ma anche per l’originalità dell’allestimento di un vero e proprio “spazio Mondrian” nel museo. Una mostra aperta che dedica l’ultima sezione all’influenza dell’artista sul design e sulla moda.
Il “mondrianismo” contamina gli ambienti, le didascalie sono organizzate secondo i moduli pittorici, i caratteri grafici girano in prossimità degli angoli retti, seguendo le linee dei quadrati "alla Mondrian". Lungo il percorso il visitatore segue l’evoluzione dello stile del pittore olandese, scoprendo che non tanto di evoluzione si tratta quanto di rivelazione: la geometria delle sue ultime tele è infatti già tutta nelle prime rappresentazioni dei polder, le piatte pianure intorno ad Amsterdam, e nei ritratti dai colori troppo brillanti per l’epoca. Tanti i suoi stili pittorici, dall’impressionismo al cubismo. Alla base, però, una sola idea: nell’arte si realizzano l’ordine e l’armonia del mondo.
La seconda parte della mostra è quella più dinamica e meno museale: in una sala buia un proiettore fa ballare quadrati bianchi e neri sulle note senza corpo dell’Ondes Martenot, il sintetizzatore ante-musica elettronica. Poi, all’improvviso, il colore: il rosso, il blu, il giallo, il nero rimbalzano forsennati sullo schermo, si scatenano al ritmo del jazz. È la febbre dell’America degli anni 30, quel ritmo libero che Mondrian considera alla base della sua teoria dell’arte e che ancora contagia lo spettatore del XXI secolo quando davanti all’installazione batte il piede a tempo. Le linee del quadro si rompono, si dilatano oltre la superficie, dilagano in ambiti allora molto lontani: l’arte va ora a braccetto con il design come mostrano gli oggetti nell’ultima sala, tra cui la credenza Elling di Gerrit Rietveld.
Infine, gli effetti del mondrianismo sulla grafica, sulla moda, perfino sull’architettura – Carlo Scarpa curò nel 1956 la prima monografica al GAM di Roma. L’"effetto Mondrian" intacca anche gli arredi: nell’iconica Red and Blue gli elementi che compongono la sedia (la seduta, lo schienale, i braccioli) sono svuotati di qualsivoglia massa o volume e organizzati nello spazio libero di una “geometria assoluta”. Non poteva poi mancare il mobile-omaggio di Shiro Kuramata-Cappellini. Chiude l’esposizione un affaccio sulla moda, con la collezione Mondrian 1965 di Yves Saint Laurent.