La Fashion Week appena conclusa a Milano tra eventi phigital, sfilate reali e sfilate digitali, più che nuovi vestiti (ormai tutto è lecito) ha portato un’altra idea di bellezza. In scena più che l’estetica è andata l’identità: donne “vere” al posto di omologate modelle. Un altro segnale positivo nell’anno che inaugura il decennio che già vede molte donne in primo piano in posti chiave.
Se c’è una osservazione di ordine generale che mi sento di fare dopo la coraggiosa Fashion Week di Milano che ha messo in fila sfilate reali, digitali, virtuali, essenziali, spettacolari, classiche, reinventate, filmate - tutte interessanti anche se purtroppo un po’ fredde per mancanza di calore umano baci commenti a caldo ed applausi rock - non è tanto la varietà di proposte di ogni tipo (a quello siamo abituati) quanto il cambiamento di modelle e modelli chiamati a presentarle. Scelta più etica che estetica...
La Fashion Week appena conclusa a Milano tra eventi phigital, sfilate reali e sfilate digitali, più che nuovi vestiti (ormai tutto è lecito) ha portato un’altra idea di bellezza. In scena più che l’estetica è andata l’identità: donne “vere” al posto di omologate modelle. Un altro segnale positivo nell’anno che inaugura il decennio che già vede molte donne in primo piano in posti chiave.
Se c’è una osservazione di ordine generale che mi sento di fare dopo la coraggiosa Fashion Week di Milano che ha messo in fila sfilate reali, digitali, virtuali, essenziali, spettacolari, classiche, reinventate, filmate - tutte interessanti anche se purtroppo un po’ fredde per mancanza di calore umano baci commenti a caldo ed applausi rock - non è tanto la varietà di proposte di ogni tipo (a quello siamo abituati) quanto il cambiamento di modelle e modelli chiamati a presentarle. Scelta più etica che estetica.
Sempre meno le magrissime biondissime pallidissime ugualissime ragazzine dell’est degli ultimi anni, ecco arrivare le Donne, non le supermodel di bellezza siderale, vere star degli anni 80/90, ma ragazze diverse per personalità, altezza, colore della pelle, origine, cultura, make-up e acconciatura e persino silhouette, permettendo a curvy e supercurvy la soddisfazione della passerella.
Tutto il mondo è allegramente nello stesso carrousel, con una visione di futuro multirazziale che realizza in un attimo tutto quello che i governi del pianeta vorrebbero ma non riescono a fare.
Ecco cinque esempi che permettono a tutti di verificare il messaggio, ancora cliccabili on line.
Il cast di Giorgio Armani per presentare in video il suo Emporio è fatto di attrici, attori, ballerine, ballerini, rapper, dj e altre belle facce interessanti lasciate naturali, e ovviamente senza distinzione di razza, che si muovono coreograficamente nel suo quartier generale di via Bergognone reso simile a un metafisico edificio con onirico tramonto finale.
Anche Versace si mostra su computer e smartphone, oltre che in presenza per i suoi dipendenti che quei sinuosi vestiti li hanno realizzati. Le seducenti sirene immaginate in un paesaggio degli abissi, una Versacepolis fantastica, sfuggono alle regole della bellezza codificata dalla griffe e si accompagnano a uomini altrettanto eroici, forti, colorati. Quando sfilano le due mitologiche creature nere decisamente sovrappeso secondo i nostri standard è la conferma che l’omologazione è finita, e finalmente vince la diversità.
Messaggio ancora più sostenuto da Valentino, dove Pierpaolo Piccioli per la prima volta della griffe a Milano, ha scelto con un casting internazionale ragazze diverse, eccentriche e individualiste come se ne vedono in tutte le metropoli. E non importa se una è più bassina, più in carne, per qualcuno meno bella o ha i capelli verdi. Anzi, meglio, per rappresentare un campionario di umanità. E’ il trionfo della donna con le sue imperfezioni, della sua personalità complessa e variegata che trova nell’atto del vestire un abito magico un momento di gratificazione che le spetta di diritto.
Anche Massimo Giorgetti per la collezione MSGM, lavora sull'identità: non modelle ma dodici donne vere, artiste, designer, attiviste, che si ritraggono in autoscatto scegliendo e indossando a modo loro i capi urbanwear della collezione e si fanno vedere su Instagram e altri social testimoniando con le parole quella che è l’istantanea collettiva di una generazione.
Perché, come ha spiegato Massimo Giorgetti «Le difficoltà degli scorsi mesi si sono trasformate in un'occasione unica per immaginare nuove strade, sperimentare nuove strategie, abbracciare la sfida della sostenibilità. Ma soprattutto per raccontare storie, per creare conversazioni intorno alla moda, oltre la moda».
Fa da contrappunto Jeremy Scott per Moschino con la consueta intelligenza ed ironia. Per il suo pubblico digitale entra in scena con uno stupefacente teatrino della moda: una sfilata “all’antica”, in miniatura, in cui modelle e pubblico sono marionette che riproducono fedelmente top-model e beautiful people molto noti ai fashion-addict. Una partenza in piccolo con un’idea grande.