Il volume, nato con la collaborazione della Fondazione Ken Scott e con il supporto di Mantero Seta - che ne custodisce l’archivio ed è dal 2019 titolare del marchio - e di Gucci, è forse la prima monografia realmente esaustiva sull’artista, raccontato da 600 illustrazioni e bozzetti d’epoca, dagli scatti ad hoc di Guido Taroni e dalle immagini dei più grandi fotografi internazionali. A far da guida in questo oceano floreale - di cui però fanno parte a pieno titolo anche praterie e foreste, fondali marini con la loro flora e fauna, grafismi e astrattismi, il mondo dello sport - ci sono le parole di autori che l’hanno frequentato e conosciuto e di autorevoli firme contemporanee della moda: Shahidha Bari, Federico Chiara, Pierre Léonforte, Renata Molho, Peter Smithers, Isa Tutino Vercelloni, Velasco Vitali.
Un artista rivoluzionario, un eclettico in technicolor: “Ken Scott ha usato i colori psichedelici prima ancora che si sapesse cosa fosse la psichedelia”, scrive l’illustratore Joe Eula sul “Time” nel 1969. Fa dei suoi fiori, grandi e vivaci, accesi e allegri, elementi “sine qua non” nelle collezioni d’abbigliamento e in quelle per la casa. Sa cosa è l’arte e come applicarla in un caleidoscopio intero di ambiti creativi e produttivi. Anticipa l’unisex e le sfilate tra happening e divertissement. Convince e affascina, tra le altre icone di stile, Jacqueline Kennedy, Marisa Berenson, Monica Vitti, Barbra Streisand, Brigitte Bardot. Le sue case e i suoi giardini di Milano, Cuernavaca ed Èze in Costa Azzurra sono aperti a feste ed eventi mondani, dove si ritrova il jet set internazionale. La lezione di Ken Scott conquista il mondo e vale ancora oggi. Proprio perché ha dimostrato di saper “non far appassire i fiori”.