«L’uomo è un animale biofilo» si potrebbe dire parafrasando Aristotele. E aggiungere: «che nel 2021 arriva a vivere intorno a un ficus». L’idea di Carlo Ratti – Carlo Ratti Associati con sede a Torino, New York e Londra – e Italo Rota – Italo Rota e Partners a Milano – di una casa intorno all’albero si è trasformata nell’abitazione privata di Francesco Mutti, amministratore delegato di Mutti Italia, nel cuore della cosiddetta Food Valley, a soli 100 m dall’azienda del suo proprietario.
Siamo a Montechiarugolo, un paese di 10.000 abitanti nel parmense, che per la bellezza dei suoi vicoletti e del suo castello è stato inserito nel 2020 nella lista dei borghi più belli d’Italia. Qui dal 1899 ha sede la regina del pomodoro industriale, l’azienda Mutti.
Nel 2018 Francesco Mutti ha promosso un concorso per il recupero di una vecchia casa colonica con granaio, una struttura in mattoni immersa nella campagna a pochi passi dalla sua azienda. L’intento era quello di farne «una casa per le persone, per le piante e per gli animali»: tutt’intorno un giardino che esaltasse la biodiversità di questa zona particolarmente ricca d’Italia e che fosse popolato da una fauna varia. Oggi ci sono cani, gatti, perfino una scimmia. Dalle foto, poi, non sfugge Piero, l’asinello dei Mutti, che si aggira per il complesso.
Il duo Ratti-Rota ha così creato “the Greenary”, sistemazione che a partire dal gioco di parole green-granary ripensa il rapporto natura-tecnica. Se, citando una passata intervista di Ratti per il nostro At-superstudiomagazine: «l’avvenire è dei curiosi di professione», i due, curiosando un po’ più in là, hanno saputo tradurre a casa Mutti alcune tendenze contemporanee. Innanzitutto, fondamento del progetto è l’idea che l’essere umano sia un organismo “biofilo”, ossia cerchi spontaneamente – come un’esigenza biologica – la vicinanza alla natura. Come un’antica domus romana, la casa si organizza intorno ad un elemento “verde”, in questo caso Alma, un ficus naturalis, che è l’elemento portante dell’edificio. Alma rappresenta la natura, tecnicizzata nel ventunesimo secolo: riprendendo l’aneddoto del pittore Zeusi che inganna uccellini con i suoi chicchi d’uva così simili al vero, l’albero porta sì terra, radici e rami nella casa ma è costretto ad alimentarsi di tecnica per vivere: un’avanzatissima tecnologia crea, infatti, un microclima necessario alla vita del fico, regolandone i livelli di acqua, la temperatura e la pressione. A livello simbolico, poi, Alma incarna lo spirito della casa – quasi fosse un antico lare romano – detta il ritmo dell’esistenza al suo interno e, contemporaneamente, ne scandisce l’architettura. Intorno ai 10 m di altezza dell’albero si organizzano sette piani terrazzati, ognuno con la sua specifica vista ed esperienza della pianta. Ogni piano accoglie e modula una funzione abitativa specifica: musica, convivialità, pranzo, meditazione, lettura e riposo. Le scale sono fatte a partire dalla terra locale, in alcuni elementi si trova la resina. Una connesione diretta allaccia la storia personale dei committenti, i campi, la fabbrica. Insomma, l’arte alla natura. Qual è il confine?