A Ettore Mocchetti, storico direttore ( per quarant’anni!) di AD, prestigiosa rivista della Condé Nast Italiana, il compito di introdurre la presenza della galleria Oblong e dei suoi artisti al Superstudio con la mostra “Surprise! L’arte racconta”, di cui è curatore.
Quando Emanuela Venturini e Paola Marucci, vulcaniche titolari di Oblong Contemporary Art Gallery con sedi a Dubai e Forte dei Marmi, si sono rivolte a me chiedendomi di curare al Superstudio Più durante i giorni del prossimo Fuorisalone milanese – quello che, visti i tempi, mi verrebbe da chiamare della Ripartenza – una mostra di scultura e pittura contemporanee, mi sono subito domandato: ma perché proprio io? Per l’amicizia che ci lega da tanti anni? O c’è dell’altro, magari certe mie concezioni dell’interior design pensato (anche) come “palcoscenico delle arti”? E poi, perché una rassegna di artisti del calibro di Stefano Bombardieri e Flavio Lucchini, per dirne solo due, quale prezioso corollario di una grande kermesse tutta incentrata sul furniture design? Ci ho ragionato molto e alla fine credo di aver trovato una riposta convincente (almeno per me) in un pensiero di Gisella Borioli, fondatrice, con il marito, il geniale Flavio Lucchini, e deus ex-machina proprio di Superstudio Più. L’avevo letto in una sua intervista di qualche tempo fa...
A Ettore Mocchetti, storico direttore ( per quarant’anni!) di AD, prestigiosa rivista della Condé Nast Italiana, il compito di introdurre la presenza della galleria Oblong e dei suoi artisti al Superstudio con la mostra “Surprise! L’arte racconta”, di cui è curatore.
Quando Emanuela Venturini e Paola Marucci, vulcaniche titolari di Oblong Contemporary Art Gallery con sedi a Dubai e Forte dei Marmi, si sono rivolte a me chiedendomi di curare al Superstudio Più durante i giorni del prossimo Fuorisalone milanese – quello che, visti i tempi, mi verrebbe da chiamare della Ripartenza – una mostra di scultura e pittura contemporanee, mi sono subito domandato: ma perché proprio io? Per l’amicizia che ci lega da tanti anni? O c’è dell’altro, magari certe mie concezioni dell’interior design pensato (anche) come “palcoscenico delle arti”? E poi, perché una rassegna di artisti del calibro di Stefano Bombardieri e Flavio Lucchini, per dirne solo due, quale prezioso corollario di una grande kermesse tutta incentrata sul furniture design? Ci ho ragionato molto e alla fine credo di aver trovato una riposta convincente (almeno per me) in un pensiero di Gisella Borioli, fondatrice, con il marito, il geniale Flavio Lucchini, e deus ex-machina proprio di Superstudio Più. L’avevo letto in una sua intervista di qualche tempo fa. Diceva più o meno così: “Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un graduale cambio di paradigma nella comunicazione del design, nella quale i concetti di contaminazione, tra discipline e arti diverse, e di emozione, da procurare allo spettatore per farsi ricordare, sono diventati sempre più centrali”. Ecco, la contaminazione. Una visione che mi è familiare, fortemente affine e che, applicata al mood che sovrintende l’Alta Decorazione degli ultimi lustri, ho teorizzato in più occasioni. AD-Architectural Digest, di cui ero allora direttore, l’aveva addirittura preconizzata già nel 1999 annunciandola come un possibile futuro nei titoli di coda del suo numero speciale AD Millenium in cui si raccontava a 360 gradi il secolo perento. D’altronde, l’idea non era un’invenzione mia o nostra, si basava su una rilettura del grande passato dei palazzi aristocratici italiani o dei gran borghesi, era, anzi è la manifestazione di un sentimento sincretico dell’abitare che ora riaffiora “carsicamente” a rammentarci le visioni e gli scritti del Gio Ponti di Stile, la rivista da lui fondata nel 1941, o i coevi interni milanesi di Franco Albini e Guglielmo Ulrich. Così il senso dell’incarico affidatomi da Emanuela e Paola mi è finalmente diventato chiaro: l’Arte come interlocutrice privilegiata del décor. Esporre sotto il titolo “Surprise! L’Arte racconta”, in un irrituale modus antimuseale le tortuose, informali sovrapposizioni cromatiche di Manu Alguerò, i muri grinzosi e colorati estratti da una periferia senza tempo di Mario Arlati, le astratte, vibranti tensioni e torsioni tridimensionali di Pablo Atchugarry, le accartocciate, allusive e illusive superfici metalliche di Tiziana Lorenzelli, i candidi, sensuali rilevi di Flavio Lucchini stilizzati nelle solide asperità della materia – a proposito, di Lucchini si apre in contemporanea al Superstudio Più, il FlavioLucchiniArt Museum –, la poltrona d’artista dei designer Paolo Nava e Luca Arosio, le plastiche figure ellenizzanti di Antonio Signorini, le morbide volumetrie di Gustavo Vélez, e, soprattutto, l’immaginifico, favolistico bestiario 3D di Stefano Bombardieri significa anche immaginarli tutti come possibili, probabili protagonisti di un paesaggio domestico ideale, vero e insieme visionario, vuol dire anche proiettarli mentalmente come punti di attenzione per animare di continua sorpresa la quotidianità della casa, altrimenti destinata a spegnersi nella routine. In tale prospettiva la mostra che va in scena alla MyOwnGallery di Superstudio Più dal 4 al 14 di settembre non è semplice celebrazione di un’arte intelligente e sopraffina, di più, nella messa a confronto di artisti dalle diverse sensibilità uniti però da un sagacissimo saper fare, è la suggestiva rappresentazione del principale ingrediente della contaminazione decorativa, ovvero l’emozione artistica. Peraltro tutto ciò non deve stupire dal momento che il concetto di contaminazione è nella storia stessa e nei geni di Superstudio Più, nato come è per essere una frontiera estetica dove s’incontrano e si integrano arte, design, fotografia, moda e tutto ciò che fa cultura. E lo stesso, in fondo, vale per me.