Prima inter pares in questa straordinaria coppia ai vertici dell’architettura mondiale più consapevole e avanzata, Doriana, che ha partecipato col marito Massimiliano Fuksas al circuito di stupefacenti installazioni realizzate in marmo al Superstudio nel 2013, rivendica il ruolo paritario delle architette. Lo studio che moglie e marito dirigono in coppia ha realizzato opere grandiose in tutto il globo pensando alle città del futuro, ma lei non disdegna neppure la creatività in piccola scala, disegnando originali gioielli di micromosaico in cui mette la sua forza e la sua femminilità.
2000/2020 In vent’anni cosa è cambiato, cosa cambierà?
Nella banalità quotidiana si è sempre dato al design la connotazione del molto piccolo e impropriamente all’architettura il disegno del molto “grande”. Che una distinzione fra architetto e designer ci sia da almeno un secolo oggettiva mi sembra chiaro. L’ architetto e il designer si occupano di cose molto differenti tra loro. Almeno questo sembrava. Oggi si è quasi raggiunta una figura ibrida di creatore che passa dalla grande scala alla piccola scala e viceversa...
Prima inter pares in questa straordinaria coppia ai vertici dell’architettura mondiale più consapevole e avanzata, Doriana, che ha partecipato col marito Massimiliano Fuksas al circuito di stupefacenti installazioni realizzate in marmo al Superstudio nel 2013, rivendica il ruolo paritario delle architette. Lo studio che moglie e marito dirigono in coppia ha realizzato opere grandiose in tutto il globo pensando alle città del futuro, ma lei non disdegna neppure la creatività in piccola scala, disegnando originali gioielli di micromosaico in cui mette la sua forza e la sua femminilità.
2000/2020 In vent’anni cosa è cambiato, cosa cambierà?
Nella banalità quotidiana si è sempre dato al design la connotazione del molto piccolo e impropriamente all’architettura il disegno del molto “grande”. Che una distinzione fra architetto e designer ci sia da almeno un secolo oggettiva mi sembra chiaro. L’ architetto e il designer si occupano di cose molto differenti tra loro. Almeno questo sembrava. Oggi si è quasi raggiunta una figura ibrida di creatore che passa dalla grande scala alla piccola scala e viceversa. Rimane, in altri termini, che l’autonomia del design ha superato i limiti che si era data per conquistare settori e orizzonti omogenei a forme di vita più complesse. Sicuramente la tecnologia ha aiutato molto in questo senso, consentendo una maggiore precisione nello studio del dettaglio e di certo una accelerazione non indifferente nella produzione. Influisce direttamente sulla tecnica del lavoro, perché è grazie alla virtualità del 3D che si riescono oggi ad immaginare e rendere reali spazi impensabili fino a quindici anni fa.
Il segno distintivo, il fil rouge del suo lavoro?
L’evoluzione continua, legata alla ricerca di nuove forme, materiali, ma anche di colori, atmosfere. Una costante è il rapporto con l’arte e il dialogo con gli artisti, a volte quasi inconsapevole. Occasioni di incontro e di dialogo tra sensibilità creative diverse. Soprattutto mi piace affrontare le sfide. Ad esempio l’utilizzo del micromosaico nella collezione di gioielli realizzata per Sicis o ancora il vetro per Zoe, la lampada concepita per Venini. Tutti i materiali hanno delle potenzialità, bisogna solo capire come utilizzarli al meglio.
Con quali aggettivi definirebbe le tendenze del design contemporaneo?
Più che di aggettivi parlerei di sostantivi: tradizione, innovazione e grande raffinatezza sono componenti fondamentali.
Ritroviamo la sua esperienza al Superstudio. In che anno, cosa e come ha presentato la sua proposta?
“Asia” installazione in marmo turco per la mostra “Bathing in Light” all’Art Garden del Superstudio Più, Fuorisalone 2013. L’obiettivo è stato quello di mettere in risalto le peculiarità estetiche e funzionali del marmo e al contempo avvicinare il pubblico a un’esperienza diversa nell’utilizzo di questo pregiato materiale. Nel concept, il segno architettonico mutava l’ambiente espositivo in una struttura minerale. Marmo nero per la pavimentazione e le pareti laterali, e marmo bianco, particolarmente luminoso, per il corpo dell’installazione. Una preziosa concatenazione di dodecaedri in marmo bianco si sollevava da terra, come a trarne forza. Da un punto di vista prospettico l’installazione si sviluppava in altezza con un irregolare andamento sinusoidale, quasi come arrampicandosi lungo la parete in marmo nero.
Quanto è stata importante la mise-en-scène?
Direi che è stata fondamentale. Forme scultoree dal design geometrico, fratture, tagli, luci che pulsavano come un respiro interno nel cuore di alcuni degli elementi che componevano l’installazione; concepita non come un mero oggetto da contemplare, ma come un’esperienza catalizzante. Una narrazione artistica del mondo minerale. Un insieme di “fiocchi di ghiaccio” dematerializzati attraverso la luce. L’installazione è stata concepita per dar vita a diversi pezzi di product design. Ogni singolo elemento può divenire oggetto d’arredo d’interni o per ambienti esterni; un vaso, una seduta, una lampada, un ornamento per la casa.
Cosa è per lei il Fuorisalone di Milano?
Il Fuorisalone offre un’ampia panoramica su quello che accade nell’ambito del design. Confermandosi punto di riferimento del settore, luogo di incontro e confronto.
Milano capitale del design. Lo è o cosa le manca per esserlo più compiutamente?
Ormai sono anni che questo sta avvenendo. Niente di nuovo. Si può soltanto comprendere che cultura e scuola hanno fatto in gran parte la fortuna di questa città.
Un suo progetto per il 2020?
Tanti e nessuno. L’ispirazione può nascere da ogni cosa, anche dalla vita quotidiana. L’unica cosa che posso dire è che non sono sempre alla ricerca dell’ispirazione. Non la ricerco, ma alla fine la trovo comunque. Ho da sempre coltivato una passione per le cose piccole, per i dettagli, per i quadri e le sculture, per la moda e per i gioielli. I gioielli ad esempio me li sono sempre disegnata da sola. Per questo è stato quasi naturale aprire lo studio a nuovi settori di applicazione.