Sembra finalmente saldata la frattura tra il pre e il post-pandemia con l'ultima edizione della Milano Design Week conclusasi ieri. Numerosissimi i visitatori, l'intera città coinvolta fin negli angoli più remoti, successo del nuovo format del Salone alla fiera di Rho, installazioni wow e appuntamenti culturali dovunque, sguardi consapevoli sul futuro. Tutto bene allora? Si ma...
A leggere i numeri, quello appena chiuso sembra il Fuorisalone dei record. Airbnb e simili esauriti, en-plein negli hotel, ristoranti fully booked, taxi presi d'assalto, zone pedonali (Tortona, Brera, Durini) trasformate in fiumi di folla in piena, 1.500 eventi ( o presunti tali) in Milano fin nella periferia estrema, impossibile contare gli espositori ( brand di design, studi di architettura, scuole di design, start-up, artigiani, artisti, automotive, tecnologie, case di moda, food&beverage ecc) in mostra dentro e fuori i palazzi storici, gli edifici industriali, gli show-room e persino le case private. Difficile tirare le somme tra qualità e quantità delle presenze: da sempre sosteniamo che la seconda va a scapito dell'altra, ma questo è un terreno scivoloso, molto opinabile. La discussione sul tema si apre ogni anno, e si ferma lì, lasciando in sospensione questa criticità. Quello che si tenta di contare sono invece i visitatori, italiani o stranieri insieme a professional (che muovono il business e fanno avanzare la ricerca), entusiasti (che potrebbero essere i consumer ideali) o solo curiosi in gita cittadina (non troppo graditi alle aziende di design). Solo che contarli non è semplice, a meno che non si disponga di dispositivi di registrazione e certificazione adatti. Il Salone denuncia più di 300.000 visitatori, dato certo e non ingannevole. Le cifre dei 100.000, 90.000, 70.000 e via dicendo sono quelle denunciate dai vari Design Distrct o dalle location più gettonate, risultato di sensazioni o forse speranze, per lo più senza oggettivo riscontro. Superstudio Più per il suo Superdesign Show ha scelto la strada opposta della selezione e della qualità per garantire agli espositori un pubblico di design-addict realmente interessati, il che è da anni una delle chiavi del suo successo.
In via Tortona 27, nella grande area che ha dato il via fin dal 2000 al fenomeno del design diffuso nei quartieri, i professional entravano solo se pre-registrati o con accredito sul posto, mentre il pubblico dei visitatori, attirati dalle sorprese futuribili dell'evento entrava, sempre su registrazione solo sabato e domenica.
Strategia molto apprezzata dagli espositori che hanno potuto concentrarsi su rapporti seri e costruttivi instaurati con i circa 65.000 visitatori che hanno goduto di una edizione ricca di contenuti innovativi e sostenibili, e di numerose facility per il loro comfort, come sedute per il pubblico, ristorante, centrifugheria, giardino, installazioni d'arte, terrazza sul tetto e numerosi talk per meglio illustrare il presente dell'arte e disegnare con le parole il futuro del design. Che immaginiamo sempre più "Design for All".