Come racconta il suo ultimo libro, Design Super Show, Gisella Borioli ha fatto negli ultimi vent’anni degli spazi di Superstudio il palcoscenico delle tendenze del design contemporaneo, seguendone da vicino i cambiamenti. Oggi ci parla del design prima e dopo il Covid e di come la pandemia ha significato per molti addetti ai lavori la necessità di ripensare il nostro stile di vita in altro modo...
Se qualcuno mi avesse posto la domanda: "dove sta andando il design?" due anni fa, la risposta sarebbe stata totalmente diversa. Avrebbe messo in scena lo scenario di un design frenetico eclettico, inclusivo, divertente, originale, modaiolo, fatto di pezzi rigorosi o minimali firmati da architetti di fama (vedi quelli di Lissoni, Jasper Morrison, molti altri) accostati ad altri controcorrente al limite del kitsch (si pensi al successo dei nanetti di Philip Starck per Kartell), antropomorfi (come la poltrona Nemo di Fabio Novembre per Driade), animalisti (il cavallo-lampada di Mooi, le lampade...
Come racconta il suo ultimo libro, Design Super Show, Gisella Borioli ha fatto negli ultimi vent’anni degli spazi di Superstudio il palcoscenico delle tendenze del design contemporaneo, seguendone da vicino i cambiamenti. Oggi ci parla del design prima e dopo il Covid e di come la pandemia ha significato per molti addetti ai lavori la necessità di ripensare il nostro stile di vita in altro modo.
Se qualcuno mi avesse posto la domanda: "dove sta andando il design?" due anni fa, la risposta sarebbe stata totalmente diversa. Avrebbe messo in scena lo scenario di un design frenetico eclettico, inclusivo, divertente, originale, modaiolo, fatto di pezzi rigorosi o minimali firmati da architetti di fama (vedi quelli di Lissoni, Jasper Morrison, molti altri) accostati ad altri controcorrente al limite del kitsch (si pensi al successo dei nanetti di Philip Starck per Kartell), antropomorfi (come la poltrona Nemo di Fabio Novembre per Driade), animalisti (il cavallo-lampada di Mooi, le lampade-scimmia di Stefano Giovannoni), ironici-iconici (la poltrona Proust di Mendini per Cappellini) o a souvenir vacanzieri e oggetti etnici in un piacevole mix che parlava della nostra vita cosmopolita e viaggiatrice. La plastica trasparente in salotto scendeva dall'olimpo di Kartell ai prodotti del fast design. Ikea intanto introduceva il design democratico, che non sfigurava vicino a quello d'élite. E internet vi si avvicinava sempre più velocemente. Il loft è diventato il sogno degli italiani creativi, o presunti tali.
Il potere del design negli ultimi vent'anni era diventato l'alibi per rendere più desiderabili persino gli oggetti d'uso comune con una ben precisa funzione da svolgere: ecco allora archistar chiamati a firmare e dare plusvalore a pentole (Patricia Urquiola), spazzolini da denti (Philip Starck), stivaletti antipioggia (Jean Nouvel), trolley e valigie (Marcel Wanders), dettagli di auto (Armani, Dolce&Gabbana) e persino all'ascensore (Marco Piva). Materiali plastici metamorfizzati e ribattezzati con nomi più intriganti dominavano a tutto spiano e la tecnologia mostrava altri orizzonti mentre la nouvelle vague della sostenibilità cominciava lentamente a insinuarsi nei mondi della produzione.
La pandemia è stata un grande stop. E una grande lezione. Un momento di ripensamento ai veri valori, alle necessità dell'essere, a una economia diversa e davvero circolare, a una presa di coscienza delle responsabilità del mondo. La casa torna "calda": un cocoon che accoglie e protegge. Le tendenze già si delineano: più legno, più morbidezza, più natura, più riciclo, più soluzioni e arredi ibridi e mutevoli, più outdoor, più semplicità, più flessibilità. Più spazio ai nuovi designer, alle produzioni di nicchia, all'artigianato d'autore, all'art-design, ai maker, ai prezzi inclusivi, alle cose che raccontano storie di altro tipo. Il "buon design" è alle porte.
Aspettiamo con interesse la Milano Design Week di giugno per scoprire i nuovi equilibri, una aggiornata visione del futuro, gli orizzonti internazionali, con la speranza che la guerra in corso non getti mine dirompenti anche nel mondo della produzione e nell’economia. Non a caso abbiamo intitolato la prossima edizione di Superdesign Show al Superstudio Più LOOKING AHEAD.



