Otto storie, otto progetti, otto donne. “I Fiori della Materia” è la mostra collettiva parte del palinsesto di Superstudio “Nelle Mani delle Donne” che unisce designer professioniste attente alle materie e alla loro lavorazione. Un approfondimento verso la loro ricerca, passione e forza creativa ma anche le scelte, i percorsi e le sfide che nella vita hanno affrontato. In mostra fino al 29 ottobre per scoprire la creatività femminile, tra opere non convenzionali e racconti inediti. Focus on Mavi Ferrando.
“Dopo una infanzia già creativa, il liceo artistico a Genova e il Politecnico a Milano, il mio primo lavoro fu alla Olivetti dove c’era una massima apertura alla creatività e quasi nessun limite di budget. Nel 1972-73 fu istituito il Servizio di Corporate Image e per me fu una tragedia. Bisognava standardizzare e normalizzare tutto: tipo di arredo, colore pareti, tipo di illuminazione, ecc... La ribellione profonda a questo tipo di approccio mi faceva star male. Quello che esisteva sul mercato era una noia mortale: i tavoli, le sedie, gli armadi erano tutti uguali, scheletrici, si differenziavano l’uno dall’altro per particolari minimi come il tipo di viti usate e dove erano poste. Mi dicevo: un tempo gli elementi d’arredo erano empatici, creavano un legame con chi li possedeva, avevano delle qualità formali articolate e riconoscibili. Creavano affezione. Ora la desolazione. Il funzionalismo esasperato e le produzioni in serie avevano, almeno per me, ucciso la creatività e la particolarità degli oggetti... Attraverso il disegno scaricavo la mia insofferenza con una contestazione figurata: forme gratuite con una lampadina che sembravano lampade, schienali vuoti in cui era impossibile appoggiarsi e che sembravano comunque schienali. Era un fatto di percezione legato solo all’apparenza perché se l’oggetto non permetteva la funzione voleva dire che era un’altra cosa, una scultura?Tuttavia, sembrando una cosa precisa, attraverso l’assurdo rappresentava una concreta proposta di cambiamento di ciò che ci circonda, un’induzione a rinnovare il design riappropriandosi anche, perché no, di alcune forme esagerate del passato. Passai a realizzare una serie di opere in scala reale che esposi poi in una mostra personale nel 1976 con la presentazione di Anty Pansera che definì questi miei lavori trompe-design. Le opere in esposizione qui fanno parte di quel periodo. Mi fermo qui e ai lavori e alla poetica di 44 anni fa. Mi licenziai dall’Olivetti e molte cose sono avvenute in seguito.”