Laura Dimitrio ha pubblicato il suo ultimo lavoro con il titolo NON SOLO KIMONO. Un libro edito da Skira e scritto da una docente molto impegnata nello studio della Moda. Un libro importante, con molti riferimenti e documenti per capire come l’abbigliamento tradizionale prima e contemporaneo poi abbia influenzato la moda italiana.
Negli anni 60/70 ero direttore artistico di Vogue Italia sempre alla ricerca del nuovo, non solo nella moda. Sempre presente a tutte le sfilate di Roma, Milano, Parigi, soprattutto. Ho vissuto, e valorizzato, l’inizio e l’affermazione di quasi tutti gli stilisti che sono stati determinanti per la moda di quel periodo. I giapponesi Kenzo, Issey Miyake, Yoshi Yamamoto li ho seguiti fin dalle prime sfilate di Parigi. In seguito sono diventati anche amici.
Ho capito molto bene il Giappone soprattutto quando Kenzo ospitò me e Gisella a Himeij, suo paese natio, in occasione del suo 50esimo compleanno. Dopo l’incredibile festa, in viaggio con lui ho scoperto il Giappone che amava. E’ stata una esperienza indimenticabile. Ho capito quanto la sua moda piena di colori e di gioia di vivere si nutrisse della loro cultura e tradizione.
Issey Miyake è soprattutto uno scultore che utilizza le sue ricerche sul tessuto (famosi i suoi plissé) per esaltare in altro modo la femminilità. Per renderla misteriosa. Suggerita appena sotto forme geometriche imprevedibili.
Yoshi Yamamoto ha invece valorizzato la tradizione più magica e profonda utilizzando linguaggi apparentemente semplici, in realtà molto complessi che hanno creato un vero e proprio “movimento” della moda. Io stesso indosso quasi sempre i suoi abiti, tutti neri e ampi, adatti per ogni occasione, ma con piccoli interventi di design che li rendono speciali. Un mix di cultura nippo-occidentale.
Ho citato questi tre nomi perché ognuno è portatore di un messaggio personale molto diverso che nasce però dalla stessa cultura. Non mi stancherò mai di ripetere che la moda è cultura proprio perché legata al tempo e al luogo in cui viviamo, ci fa capire chi siamo e perché cambiamo vestiti e modo di pensare. Succede col Giappone ma anche con tutti i paesi del mondo.
Da ultimo, questo libro mi ha molto colpito anche perché Laura Dimitrio ha chiamato “fashion designer” i creatori di moda giapponesi. Tutta la moda giapponese non è nata dai sarti come in Europa da secoli o rinata con Chanel e poi Dior, Balenciaga e Givenchy che facevano notizia sui giornali con le loro novità chic dopo le privazioni della guerra. I couturier parigini portavano avanti i loro modelli con piccole e a volte choccanti modifiche, ma sempre nel filone sartoriale. Invece gli omologhi giapponesi dei tempi moderni per uscire dalla tradizione hanno da subito, inconsapevolmente, usato il “design” per ridisegnare e “combinare” il loro nuovo modo di vestire le donne.
Oggi tutti i creatori di moda si sentono dei fashion designer al servizio dell’industria e non dei “sarti”. Anche in questo senso la cultura giapponese ha influenzato la moda occidentale. Nello stesso tempo l’occidente, a partire dai vestiti, ha conquistato il Giappone, in tutti i campi. La globalizzazione ha avvicinato il mondo e creato un movimento culturale ibrido e trasversale.
Questo libro ce lo racconta con immagini ricerche e riflessioni. Uno spaccato del mondo moderno a partire da quattro secoli fa.
Il libro verrà presentato martedì 12 aprile dalle 18.30 presso il FlavioLucchiniart Museum durante un talk tra l'autrice e Gisella Borioli.



.jpeg)