Caro Giorgio, ricordo come te quando la moda, da cosa piccolina e poco considerata in Italia, ha cominciato a crescere e diventare una cosa, bella, grande, nostra, seria, che metteva in gioco tutte le speranze e la creatività. L’abbiamo vista trasformarsi e creare il made in Italy e le abbiamo dato il massimo. Noi, Flavio ed io e i nostri collaboratori, dalle testate che via via creavamo e dirigevamo, Vogue, L'Uomo Vogue, Donna, Mondo Uomo, Moda.... Tu, dapprima con Sergio che ancora ci manca, e poi con tutti gli altri tuoi bravissimi collaboratori della prima ora, Rosanna, Leo, Silvana, Irene, Giovanna e tanti altri. Non ti sei mai fermato. Da quando già ti facevi apprezzare come aiuto di Nino Cerruti, e poi da quelle poche stanze di Corso Venezia che hanno visto la tua prima sfilata, alla sede già importante di via Durini, fino al tuo impero in via Borgonuovo e ultimamente in via Bergognone, proprio a sandwich col Superstudio 13 da un lato e al Superstudio Più dall’altro. Ancora ti vedo in rare occasioni, qualche sfilata, le tue mostre al Silos ma anche nei nostri studi fotografici lì accanto. E’successo poco tempo fa in una domenica di pioggia, terribile. Domenica. Tu eri lì, solo, con il fotografo, a controllare tutto per lo shooting del giorno dopo. Poi sono arrivata io, a controllare altro. Non mi sono troppo stupita: la tua attenzione, il tuo perfezionismo sono leggendari e io li conosco bene. Ecco. Ho letto la tua lettera aperta a WWD (il quotidiano americano Women’s Wear Daily, 3 aprile) per auspicare il ritorno a una moda autentica. Sono d’accordo con te. Abbiamo esagerato con la fretta, con la competizione, con il lusso superfluo e a volte volgare e i capi fast gettati presto come stracci, tanto costano poco. Troppi eccessi, troppi lustrini, troppa apparenza, senza sostanza. Troppi vestiti negli armadi, e meno male che tanti poi finiscono alle charity per chi vestiti non ne ha.
Ricordo con nostalgia quando per pubblicare un abito dovevo trovarvi un senso, innovazione, ricerca, talento, originalità, maestria. E qualità. Ci voleva tempo per mettere insieme tutto questo. Oggi persino al mercato trovi cose uguali a quelle delle passerelle, o quasi, poco dopo. La creatività è un dono prezioso, come l’onestà intellettuale, che magari non manca ma spesso viene travolta dal marketing, dal business, dall’ingordigia. Basta. Approfittiamo di questo momento di stop per fare un esame di coscienza. Facciamo un passo indietro, andando avanti. Rimettiamo ordine, ai prezzi, alle stagioni, alla produzione, alle presentazioni, alle esagerazioni. Ritroviamo una moda bella, che si faccia desiderare, non solo accumulare. Ritroviamo un valore obsoleto: il buon senso. Grazie Giorgio di avere ancora una volta indicato la via. Gisella