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09/07/2020 | DESIGN, PEOPLE
L'INTERVISTA DEL GIOVEDI'

MARCO PIVA: LA SCENOGRAFIA DEL VIVERE

Di: Gisella Borioli

A partire dagli anni 70 come fondatore dello Studiodada Associati noto per il suo Radical Design, Marco Piva è presto arrivato al top della carriera di architetto, designer, urbanista, docente, progettista “at large” con progetti per numerose grandi aziende italiane e molte città del mondo occupandosi di grandi e piccoli progetti, dalle architetture ai villaggi vacanze alle installazioni per raccontare un prodotto o un’idea. Al Superstudio è arrivato in più occasioni portando il suo mood elegante fluido emozionale e funzionale.  

2000/2020 In vent’anni cosa è cambiato, cosa cambierà?
In questi ultimi 20 anni è cambiato il modo di pensare, di sviluppare e di comunicare il design. La formula lanciata da Superstudio, che integra nella contemporaneità dell’evento realtà tra loro diverse, dall’architetto affermato al designer emergente, dalle aziende consolidate alle nuove proposte, dalla tradizione alle ultime innovazioni in campo tecnologico, crea sincronia, condizione vincente per presentare una visione trasversale dello stato dell’arte del Design: Superstudio Più diviene così un palcoscenico, un “laboratorio” che durante il Fuorisalone si apre alla città. 

A partire dagli anni 70 come fondatore dello Studiodada Associati noto per il suo Radical Design, Marco Piva è presto arrivato al top della carriera di architetto, designer, urbanista, docente, progettista “at large” con progetti per numerose grandi aziende italiane e molte città del mondo occupandosi di grandi e piccoli progetti, dalle architetture ai villaggi vacanze alle installazioni per raccontare un prodotto o un’idea. Al Superstudio è arrivato in più occasioni portando il suo mood elegante fluido emozionale e funzionale.   

2000/2020 In vent’anni cosa è cambiato, cosa cambierà?
In questi ultimi 20 anni è cambiato il modo di pensare, di sviluppare e di comunicare il design. La formula lanciata da Superstudio, che integra nella contemporaneità dell’evento realtà tra loro diverse, dall’architetto affermato al designer emergente, dalle aziende consolidate alle nuove proposte, dalla tradizione alle ultime innovazioni in campo tecnologico, crea sincronia, condizione vincente per presentare una visione trasversale dello stato dell’arte del Design: Superstudio Più diviene così un palcoscenico, un “laboratorio” che durante il Fuorisalone si apre alla città. Inoltre, in un’epoca in cui sempre più la comunicazione è determinante (talvolta sembra quasi più rilevante la comunicazione del contenuto), il racconto del Design è capace di presentarsi in forme nuove e attrattive. Oggi e in futuro sempre più assisteremo all’integrazione tra gli aspetti espositivi e quelli di comunicazione.

Il segno distintivo, il fil rouge del tuo lavoro?
Design per me significa ricerca e sperimentazione e, solo successivamente, prodotto. Il fil-rouge del mio lavoro risiede nell’aspetto di ricerca fondamentale sui materiali e sulle nuove tecnologie, legato al concetto di sostenibilità e di efficienza energetica. Mi interessa il senso complessivo che un oggetto o un prodotto possono esprimere, la loro capacità di intercettare attese estetiche, funzionali, prestazionali espresse da singoli individui e dalla nostra società in costante evoluzione. Mi interessa la reazione che i prodotti inducono in chi li osserva, li usa, se ne circonda. Il Design mi attira per il suo processo concettuale, figurativo, rappresentativo ed infine produttivo. Mi attira per gli aspetti legati all’identificazione, alla trasformazione, all’interpretazione dei materiali e all’utilizzo di tecniche antiche e di tecnologie produttive sempre più avanzate.

Con quali aggettivi definiresti le tendenze del design contemporaneo?
Facendo riferimento soprattutto alla mia cifra direi, in ordine alfabetico: elegante, efficiente, emozionale, fluido, funzionale. Il design contemporaneo non può prescindere da una ricerca di efficienza dal punto di vista del prodotto, dal legame con quella che è l’attualità, fatta di scenari molto mutevoli. Il recupero di elementi formali, stilistici ed anche emozionali del passato, va indirizzato verso una nuova leggerezza formale, che doni eleganza agli oggetti senza farli cadere nella banalità o etichetta minimalista.

Ricordi la tua esperienza al Superstudio?
Ho partecipato al Temporary Museum For New Design al Superstudio Più nel 2010 con l’azienda Altreforme. Successivamente, nel 2012, ho partecipato ai 50 anni di attività nel mondo della luce di Leucos negli studi di Superstudio 13. Nel 2013, ho firmato l’installazione del Cristalplant Design Context, per Cristalplant® e Falper: un palcoscenico elegante e contemporaneo. Per l’edizione 2018 siamo stati protagonisti di un’operazione promossa da Material ConneXion Italia, creando un macro oggetto fortemente iconico, una grande scultura materica che integrava i materiali fondamentali dell’architettura - pietra, metallo e vetro - e che simboleggiava strutture geometrico-dinamiche che sembravano emergere dal terreno puntando verso il cielo.

Quanto è stata importante la mise en scène?
La mise en scène per me è una condizione fondamentale, è la costante del mio modo di affrontare la progettazione, soprattutto in relazione all’interior design, e di conseguenza alle componenti e agli oggetti di design che lo configurano. Che si parli di ambienti destinati all’ospitalità, al residenziale o al lavoro, ritengo che i luoghi del vivere debbano essere configurati in modo tale da creare condizioni di efficienza e funzionalità, ma anche di forte emozionalità. Non amo gli spazi freddi, asettici, ma ambienti in cui i fruitori si sentano liberi di muoversi, di interagire con essi, come se fossero protagonisti di una “performance teatrale”, all’interno di una scenografia avvolgente.

Cosa deve avere, oltre al prodotto, una esposizione “fieristica” per essere attrattiva e convincente?
Per me un’esposizione fieristica deve progressivamente abbandonare l’idea di “stand”, e quindi di limitazioni spazio-tematiche. Un determinato tema “espositivo” deve poter essere affrontato trasversalmente, in modi e forme che siano più vicine a una mostra tematica, che non a una fiera.Pur mantenendo un fondo di carattere commerciale, una manifestazione espositiva deve poter comunicare in modo dinamico e libero quelli che sono i risultati e le proposte tecniche e di prodotto raggiunti, non solo da una singola azienda, ma nel complesso. Credo quindi che un’esposizione “fieristica” debba proporre contenuti che costituiscano un arricchimento per il visitatore, tematiche di rilievo che convergano su un obiettivo di particolare attrazione.

Cosa è per te il Fuorisalone di Milano?
Il Fuorisalone è uno degli eventi culturali e sociali di rilievo mondiale capace di coinvolgere un’intera città. Far parte, anche solo in veste di visitatore, di questa kermesse, è una grande esperienza: ci si sente parte di un grande movimento, volto a configurare il futuro.

Milano capitale del design. Lo è o cosa le manca per esserlo più compiutamente?
Che Milano sia la capitale del design credo che sia ormai indiscutibile. Nessun altro luogo al mondo è in grado di competere. Sarebbe bello che il tema del design si estendesse a tutti gli altri ambiti che non sono strettamente legati all’architettura, all’interior o al product design d’arredo, affrontando anche altri aspetti, legati per esempio allo sport, al turismo, al food, al car design. Il Design per me è impegno incessante per contribuire alla costruzione di un mondo migliore.

Art installation for Cristalpalnt Design Contest 2013
Art installation for Cristalpalnt Design Contest 2013
Art installation for Cristalpalnt Design Contest 2013
Tower Of Colours. Studio Marco Piva for Materials Village 2018

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