E’ morta a metà maggio Nanda Vigo, artista della luce che ha collaborato con i più grandi artisti degli anni 60/70, lasciando il segno della sua forte personalità. L’ultima mostra a Palazzo Reale di Milano è stato un tardivo e nello stesso premonitore omaggio alla sua grandezza.
Ricordo una bella e vivace ragazza bionda che mentre mi affacciavo alle mie prime esperienze da redattrice prima ad Ottagono e poi a Vogue, nella seconda metà degli anni ’60 metteva a soqquadro la Milano più tradizionale portandovi con i suoi compagni di squadra, Piero Manzoni, Lucio Fontana, Enrico Castellani, e il grande Gio Ponti, il vento effervescente dell’avanguardia. E’ con Fiorucci, pioniere di tutte le cose nuove, che l’ho conosciuta, con un misto di soggezione e ammirazione. Era forte, ironica, battagliera, in anni in cui le donne facevano ancora fatica ad emergere in ambienti considerati maschili. Artista, designer, architetto? Ogni qualifica era per lei riduttiva. L’ho ritrovata in Nanda Vigo Light Project, la bella mostra a Palazzo Reale a cura di Marco Meneguzzo (estate 2019), prima retrospettiva antologica finalmente dedicatale in Italia, dopo le più di quattrocento mostre nel mondo...