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23/04/2020 | DESIGN, PEOPLE
L'INTERVISTA DEL GIOVEDI'

STEFANO GIOVANNONI. DALL’ARCHITETTURA ALLA MODA

Di: Gisella Borioli

Dal 2000 vive e lavora proprio nel cuore di Milano dove si è contemporaneamente sviluppato, a partire da Superstudio, il Fuorisalone nei district. Nella ex-fabbrica di turbine, trasformata in straordinaria abitazione e studio, con terrazza panoramica sulla zona Tortona, sviluppa senza sosta progetti diversi e fantasiosi, spesso irriverenti, in ogni direzione, dall’Italia alla Cina.  Come imprenditore, ha creato una azienda di pop-design che segue, felicemente, le mode. Indicando una tendenza.

Anche tu, come Superstudio, sei stato il primo ad intuire che la “zona Tortona” delle grandi fabbriche in disuso, quella tra la via Bergognone e la circonvallazione esterna, avrebbe potuto rinascere con la creatività. E anche tu hai trasformato in casa-studio-spazio espositivo un edificio industriale senza snaturarlo.
Nel 1998 abbiamo acquistato una palazzina industriale degli anni ’30 facente parte del complesso Riva Calzoni, all’angolo fra via Solari e via Stendhal. Era un edificio su quattro piani, tutto rivestito in mattoni rossi, al cui interno erano collocate la sala prove delle turbine e gli uffici degli ingegneri che le progettavano...

Dal 2000 vive e lavora proprio nel cuore di Milano dove si è contemporaneamente sviluppato, a partire da Superstudio, il Fuorisalone nei district. Nella ex-fabbrica di turbine, trasformata in straordinaria abitazione e studio, con terrazza panoramica sulla zona Tortona, sviluppa senza sosta progetti diversi e fantasiosi, spesso irriverenti, in ogni direzione, dall’Italia alla Cina.  Come imprenditore, ha creato una azienda di pop-design che segue, felicemente, le mode. Indicando una tendenza.

Anche tu, come Superstudio, sei stato il primo ad intuire che la “zona Tortona” delle grandi fabbriche in disuso, quella tra la via Bergognone e la circonvallazione esterna, avrebbe potuto rinascere con la creatività. E anche tu hai trasformato in casa-studio-spazio espositivo un edificio industriale senza snaturarlo.
Nel 1998 abbiamo acquistato una palazzina industriale degli anni ’30 facente parte del complesso Riva Calzoni, all’angolo fra via Solari e via Stendhal. Era un edificio su quattro piani, tutto rivestito in mattoni rossi, al cui interno erano collocate la sala prove delle turbine e gli uffici degli ingegneri che le progettavano. Su un angolo dell’edificio è collocata una torretta alta 26 metri che conteneva una cisterna d’acqua che veniva pompata nei sotterranei ed utilizzata per le prove delle turbine. La tipica architettura industriale degli anni ’30 era caratterizzata da una serie di alte finestrature verticali al piano terra, alte oltre 10 metri, ed una finestratura orizzontale che correva lungo tutto l’edificio al piano alto degli uffici. La sua ristrutturazione è durata 3 anni, è stata piuttosto complessa poiché tutti i piani, compreso il piano terra, dovevano essere ricostruiti ex novo o pesantemente rinforzati. Le finestre in vetro cemento sono state sostituite da nuovi infissi che permettono la circolazione dell’aria. E’ stata comunque mantenuta fedelmente l’immagine architettonica dell’edificio, riportando allo stato originale le facciate in mattoni rossi, lasciando inalterate tutte le aperture delle finestre e tutti gli elementi architettonici, compresi i corrimani, i pluviali, le scale a pioli e i bocchettoni metallici che caratterizzavano l’estetica dell’edificio.

Design, moda, digitalizzazione e innovazione. In che modo per te questi elementi possono/devono dialogare tra di loro?
Nel 2008 capii le potenzialità della sinergia tra moda e design e lavorai per un anno al progetto di una start up che avrebbe dovuto portare alla creazione di un nuovo brand che doveva basarsi sulla produzione di oggetti, accessori e articoli fashion.
Partii con un grande produttore di moda e lo feci incontrare con Alessi per creare una joint venture tra i due brand. L’azienda mi seguì fino ad un certo punto poi, dato che la crisi cominciava ad imperversare, alla fine decise di soprassedere.
La mia idea era quella di creare un brand che riunisse oggetti tipo quelli di Qeeboo, l’azienda che ho poi creato, e alcuni capi di abbigliamento, t-shirt, felpe e jeans, indirizzati ad un pubblico giovane. Con il senno di poi credo che si sia commesso un grosso errore nel sottovalutare l’importanza strategica di quella operazione.

I primi vent’anni del XXI secolo hanno visto una accelerazione nella commistione di questi elementi. Cosa prevedi possa cambiare nei prossimi dieci o vent’anni?
L’interazione tra design e fashion è oggi sempre più forte e necessaria. Negli show-room più evoluti gli oggetti con il loro appeal scultoreo completano e rafforzano lo scenario creato dagli abiti e dai tessuti, i colori degli oggetti fanno pendant e richiamano il colore degli abiti. Stanno morendo gli stores legati all’arredo da un lato, quelli legati all’oggettistica da cucina dall’altro. Il focus si sposta su concept stores sempre più trasversali e ambasciatori di questo cross over culturale dove moda e design trovano la loro integrazione e il completamento reciproco.

Puoi segnalare un “lavoro” che apprezzi (tuo o di altri) in cui questi elementi dialogano felicemente?
Il brand Qeeboo che ho creato quattro anni fa si pone oggi come un brand emergente nel coniugare moda e design ed è in questo momento il brand ideale per essere venduto negli show-room di moda. Molti sono in tutto il mondo i negozi top che vendono i prodotti Qeeboo, dai vari Corso Como Milano Shangai Seoul New York ai negozi di Paul Smith a Londra, di Lane Crawford ad Hong Kong e altri.

Kong di Stefano Giovannoni, Cherry Lamp di Nika Zupanc, Plateau Miroir e Ming di Studio Job, Pupa Armchair di Andrea Branzi
Rabbit Chair di Stefano Giovannoni - Queeboo
La fabbrica Riva Calzoni di via Stendhal-via Solari a Milano (anni '50)
La casa-studio-showroom di Giovannoni, ex fabbrica Riva-Calzoni

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